Racconto pubblicato su Romance Magazine (Dicembre 2013)
– Te quiero… – La voce che proviene dall’iPhone è calda e dolce. Sensuale. Poi la registrazione si interrompe. L’ho riascoltata mille volte. Non ho mai risposto a questo messaggio.
Mi lascio cadere sulla poltrona dello studio. Guardo lo smarthphone, ancora in mano, come se potesse dare le risposte alle domande che mi assillano.
Cerco di concentrarmi di nuovo sul lavoro. Scrivere romanzi storici richiede un certo impegno, soprattutto di preparazione. Non si può mica inventarsele le cose, mi ripeto.
Ho lasciato i due protagonisti sul più bello. Hanno appena scoperto di essere innamorati. E si sono amati, un’intera notte di passione, in un capanno in riva al fiume. Lui ora parte per una missione militare. Che disdetta, scoprirsi innamorati dopo tanti anni che si conoscono e ora doversi separare…
Nulla! Non sono davvero in grado di concentrarmi. La voce suadente di Andrés, ancora nell’orecchio, mi distrae. Riprendo il cellulare e riascolto il messaggio vocale.
– Te quiero… – A dirla tutta, ora mi sembra che il tono sia quasi supplichevole. Oh, Andrés, anch’io te quiero… ma non dovrei.
Due mesi prima
– Non mi cadrai mica in depressione, vero? – mi sprona Sarah, dopo il mio ennesimo rifiuto ad accettare i suoi appuntamenti combinati.
– Ma no, che dici? È solo che non mi va di uscire…
– Sì, certo. E cosa conti di fare sabato sera?
– Be’, quello che ho sempre fatto… – Poi mi fermo a riflettere. Io e Sarah ci guardiamo. – Lavorerò – annuncio infine, alzando le spalle. – Ho anche del lavoro arretrato.
– Devi abituarti a questa nuova situazione, Elisa. Ci saranno dei fine settimana in cui Giorgia sarà con suo padre, e tu non puoi startene tappata in casa. Si è chiusa la tua relazione con Massimiliano, ma la vita continua. Hai trentasetti anni, caspita, goditi un po’ la vita!
– Non cominciare con questi discorsi…
– Ma guardati, sei una donna molto attraente. Avresti una schiera di ammiratori, se solo uscissi di casa.
– Ti ringrazio… – fingo un sorriso. – Forse non sono interessata a essere corteggiata, ci hai mai pensato? – chiedo, inacidita.
– Non dire scemenze… A tutte le donne fa piacere essere corteggiate! – ribatte lei, risoluta.
– Cosa ti piacerebbe fare? Pensa a qualcosa che hai sempre sognato – interviene Federica che fino a ora è rimasta in silenzio.
– Nulla…
– Pensaci bene. Mi hai detto che Giorgia andrà in montagna con Massimiliano per due settimane durante le vacanze di Natale. E tu che farai? Hai del tempo per te, perché non ne approfitti? Un viaggio?
– Viaggiare mi è sempre piaciuto, ci sono posti meravigliosi che visiterei molto volentieri, ma…
– Niente ma! – si intromette Sarah. – Piuttosto, dove?
Sono appena atterrata all’aeroporto Juan Santamaría di Alajuela. L’aria calda mi avvolge come un abbraccio. Il viaggio è stato lungo, ma credo ne sia valsa la pena. Vivan siempre el trabajo y la paz! leggo su un depliant. Mi guardo attorno. Qui la gente sembra felice. Mi viene in mente l’immagine di Milano, grigia e fredda. Evito di pensare al Duomo illuminato, alle luci natalizie che invadono le strade. Un punto per il Costa Rica. Sono partita di sabato mattina, ed è ancora sabato… Mi sento più giovane.
Il resort che Sarah ha scelto per le mie due settimane di vacanza dista due ore e mezza. Durante la trasferta mi addormento. Mi sveglio all’arrivo. Sono alla Playa de Manuel Antonio; il sole è già inghiottito dall’Oceano e la luna sovrasta brillante il paradiso. Sembra di essere in un poster.
Dopo essermi sistemata nel bungalow, essermi fatta una doccia e aver mandato un’email a Sarah e una a Massimiliano, esco. Al bar sulla spiaggia, spizzico qualcosa. C’è gente, musica. Guardo l’orologio. In Italia è già mattina, qui il cuore della notte. Sono un po’ stanca, ma il jet lag non mi pesa, per ora. La mia vita è sempre piuttosto irregolare, amo lavorare la notte. Sarà per questo. In quanto all’essere passata da un rigido inverno a piena estate, non mi dispiace affatto. Da quando ero bambina, ho sempre avuto un debole per il mondo latino americano. Non mi sembra vero di essere qui. Mi guardo attorno, e realizzo per un attimo di essere sola. Provo una fitta di malinconia. Non mi posso abbattere, però, sono nel paradiso terrestre… Vado verso la Playa Espadilla. Passeggiare in riva al mare mi ha sempre rilassato. Con l’Oceano sarà uguale. Non so da quanto non lo facevo. Da prima che nascesse Giorgia, probabilmente.
Altra fitta. La nostalgia di casa, di Giorgia… Avverto un rumore. Mi giro e vedo un ragazzo che mi sta guardando. Nella penombra riesco a distinguere i lineamenti e un sorriso che mi lascia senza fiato.
– Hola, como estas? – mi chiede, avvicinandosi ancora e osservandomi. Il mio spagnolo è piuttosto carente, ma non è il momento di esitare.
– Hola… todo bien – che altro potrei rispondergli? Certo non posso dirgli eres muy guapo… Anche se lo penso: è davvero un bel pezzo di ragazzo. Un fisico asciutto, la barba appena accennata. Però non lo conosco, ancora.
– Como te llamas? – mi chiede, ormai a pochi centimetri da me. Il viso sorridente, lo sguardo che incanta.
– Elisa y tu? – rispondo sentendomi un’adolescente.
– Andrés – e mi posa un bacio sulla guancia. Per un istante resto smarrita, ma ricambio il bacio, farfugliando un piacere di conoscerti, Andrés. Eh sì, è un vero piacere.
– Pura Vida, Elisa, mucho gusto – fa lui. Ho letto sul depliant che Pura Vida riassume la filosofia di vita del Costa Rica. Quanto mi piace questo posto…
– Y de donde eres, de Italia? Por tu acento...
– Sì, soy italiana, de Milano.
– Y que haces en Costa Rica?
– Estoy en vacaciones… Le mie amiche mi hanno regalato il viaggio – anche se parlo italiano, sembra che ci capiamo. Bene.
– Tu vivi qui? – gli chiedo.
– Nope, soy de la capital. Esperas a alguien, Elisa? – si informa. Si sta interessando a me? Sono un po’ arrugginita, ma devo riconoscere che Sarah ha ragione: a noi donne piace farci corteggiare… Insomma, se fosse lui a corteggiarmi, mi piacerebbe.
– No, estoy sola – dico. Mi fa cenno di seguirlo e si incammina lungo la spiaggia. Io non so perché ma lo seguo, come se fosse la cosa più naturale del mondo. La musica in lontananza, la rinsacca delle onde, la brezza che ci accarezza la pelle e fa parlare gli alberi. Come mi sento poetica stanotte. La luna che d’un tratto lo illumina. È proprio bello. E anche giovane. Chissà quanti anni avrà?
Mi sorride e iniziamo a parlare del più e del meno, come se lo avessimo sempre fatto.
Sono arrivata da sei giorni. Mentre faccio la doccia, penso che li ho trascorsi tutti con Andrés. È incredibile come si possa conoscere da poco una persona e sentirla così vicina, tanto da confidargli cose che difficilmente si riesce a dire ad altri. Andrés mi ha presentata ai suoi amici: sono al termine della loro vacanza qui. A parte qualche occhiata tra le ragazze, a cui chissà che commenti sono seguiti, mi pare sia andata bene. Con Andrés abbiamo scoperto di essere molto simili. Di avere passioni in comune. Ci siamo divertiti a cavalcare le onde con il surf e abbiamo fatto un giro con il kayak. Ho insistito per visitare il Parque Nacional Manuel Antonio, un’esperienza bellissima. Ci divertiamo molto insieme, perfino a guardare film romantici. Mi sembra di conoscerlo da sempre. Ieri sera ho voluto affrontare la verità, gli ho chiesto quanti anni ha. Sto bene quando sono insieme a lui, non sento alcuna differenza di età. Però ha venticinque anni, ed è un dato di fatto. Al pensiero che oggi dovrò salutarlo…
Sento bussare, mi avvolgo nell’asciugamano e vado ad aprire. È lui.
– Hola, guapa, come stai? – chiede sfoderando il suo sorriso e il suo italiano, che sta imparando rapidamente. Ci scambiano due baci sulla guancia.
– Bene, Andrés, entra, tra un minuto sono pronta – dico, avviandomi alla camera. Sento i suoi occhi su di me. – Come va con te? – gli chiedo attraverso la porta, infilando una maglietta.
– Bien… – risponde con poco entusiasmo. Lo raggiungo nel salottino.
– Cosa c’è? – chiedo. È stranamente serio.
Si avvicina. Mi accarezza il viso con i polpastrelli. Sorpresa, resto immobile. Ci guardiamo. Potrei perdermi nei suoi occhi azzurri. Mi abbraccia e il contatto con il suo corpo mi fa un bel effetto. Mi sento accolta, protetta. Come se il mio posto fosse sempre stato insieme a lui. Appoggio la testa sulla sua spalla.
– Vieni via con me, linda – mi sussurra, col suo accento ispanico. Calore. Emozione. Mi sento confusa, ma rispondo senza esitazione. – Sì… – Le nostre labbra si sfiorano. Si assaggiano. Socchiudo gli occhi. È qualcosa che mi investe. E mi spaventa.
I baci si fanno più profondi. Sento le sue mani addosso. La sua bocca sul collo. Mi cedono le gambe. La passione esplode, travolgendoci. Potrei perdere il controllo, e vorrei lasciare che succedesse. Ma non sono pronta.
Stiamo percorrendo la Autopista Próspero Fernández, ancora pochi chilometri e lasceremo la macchina a noleggio a casa di Andrés. Lungo la strada ha chiamato per avvisare che ci sarebbe stata un’ospite. Ci sono tante cose che vuole farmi vedere della sua città e delle tradizioni natalizie costaricane. Mentre guido, con la preoccupazione di sbagliare direzione, e non solo, lui mi accarezza dietro la nuca. Ci sorridiamo.
Arriviamo davanti casa sua e, scesi dalla macchina, la prima a salutarci è un batuffolo di pelo bianco. L’amore per gli animali è una delle cose che ci accumuna. Subito dopo appare sulla soglia un uomo. È il padre di Andrés. Per fortuna non siamo coetanei. Mi squadra e non credo gradisca molto la mia presenza. Lui nota di certo la differenza d’età tra me e il figlio.
Pochi minuti e siamo già fuori in cerca di un albergo nelle vicinanze.
San José a dicembre è una festa continua. Ci spostiamo a piedi e con gli autobus, allegri e variopinti. Andrés vuole farmi conoscere la zona di Zapote, imperdibile sotto Natale. Vengo investita dalla musica e dagli odori di cibo e zucchero filato, che mi ricordano le fiere del paesino dove sono cresciuta, ma è tutto molto più in grande. La gente si diverte, mangia e fa festa intorno all’arena. Prendiamo della carne asada, tipo brasato. Poi non resisto e assaggio i churrose le mele caramellate. Dentro l’arena c’è lo show con i tori. Esito. Andrés mi sorride e mi spiega che ai tori non viene fatto nulla. – Sono los toreros improvidados che rischiano un po’... – mi chiarisce, mettendomi il braccio sulle spalle e dandomi un bacio. Entriamo e ci sediamo sugli spalti. C’è una gran confusione. Dagli altoparlanti, qualcuno commenta lo show. Ora c’è il juego de las cajas: due uomini in piedi su delle casse che cercano di non cadere all’arrivo della carica del toro. Chiudo gli occhi, un po’ impressionata. Ma poi noto che è un gioco, e che tutti sembrano essere rilassati. E mi godo lo spettacolo che si chiude in serata con i fuochi d’artificio. È tutto diverso qui. È pura vida. E io mi sento viva più che mai. C’è qualcosa di intenso che unisce Andrés e me, a volte mi sembra quasi lui possa leggere i miei pensieri.
Trascorriamo il Natale insieme, in casa. Alla famiglia di Andrés non vado a genio, questo è chiaro, e posso ben capirli, ma forse il fatto che io sia di passaggio aiuta a far scorrere il tempo in un clima sereno.
All’ora di pranzo ricevo la telefonata di Giorgia, vuole darmi la buonanotte prima di andare a letto. Non ho mai parlato di lei ad Andrés. Sono due mondi che non si incontreranno mai, che senso avrebbe? Entrambi vorrebbero conoscersi, mi farebbero domande, sono sicura che si piacerebbero pure. Ma ormai il tempo per me e Andrés è finito, che futuro mai potremo avere insieme?
Oggi
Cammino avanti e indietro. È tutto cambiato. Io sono cambiata. Possibile che da quando lui ha smesso di cercarmi io non riesca a combinare più nulla? Riascolto il messaggio: – Te quiero.
Sono passate due settimane. Quanto vorrei sentire la sua voce, ancora. Ma che senso avrebbe? Mi sento vuota, come se una parte di me fosse rimasta in Costa Rica, persa per sempre, insieme a lui. Mi appiglio alla mia parte razionale: sicuramente mi avrà già dimenticata. Avrà conosciuto la ragazza giusta per lui, del suo Paese. Devo solo attendere che il tempo lenisca il dolore che provo. Ripenso alle giornate trascorse assieme, ai suoi sorrisi. A ciò che ci siamo detti. Ai suoi baci. Alla notte prima della partenza. I nostri corpi nudi. La pelle sulla pelle. Le mani intrecciate. Abbracciati, seduti sul letto, i nostri corpi si fondevano e con loro le nostre anime.
Il cellulare suona. Passo le dita sotto gli occhiali e mi asciugo le lacrime. Andrés. Non ha mai fatto una chiamata internazionale, prima…
Esito. Continua a squillare. Rispondo.
– Pronto? – riesco a dire emettendo un suono incerto.
– Elisa, eres tu? – La sua voce mi scombina i sensi.
– Sì… – dico, senza fiato.
– Soy Andrés. Estoy en Milano. Desidero vederti.
Sono incredula, sorpresa, felice. Molto felice! Proprio nel momento in cui avevo più bisogno di lui, riappare. È qui! Gli do l’indirizzo. Giorgia è con Massimiliano stasera. Sono fuori di me.
Ci abbracciamo e baciamo già sulla soglia. Mi sento travolgere dall’emozione. In questo mio mondo la differenza d’età tra di noi non conta, è solo un dettaglio irrilevante. Mi sento una sciocca per aver pensato di poter rinunciare a lui.
– Come mai sei venuto? Io… – Non trovo le parole.
– Te amo, Elisa, e sono abbastanza certo che mi ami anche tu, perché dovrei dimenticarti?
– E la tua famiglia?
– Vuole il mio bene…
– E il tuo lavoro?
– Per ora sono in vacanza, poi troveremo una soluzione…
– Sai, c’è una cosa che non ti ho detto…
– Bueno, che hai una niña di sette-otto anni che si chiama Giorgia? – mi dice con calma, baciandomi sulla fronte.
Lo guardo dubbiosa.
– Ho notato la foto che ti porti dietro… la telefonata a Natale…
– Mi dispiace non avertene parlato.
– Non importa, sono sicuro che andremo d’accordo.
– Ne sono sicura anch’io…
Ci baciamo, certi che quando c’è l’amore, in un modo o nell’altro, ogni ostacolo può essere superato. E mi balena l’idea che scrivere i miei romanzi in un paese meraviglioso non mi dispiacerebbe. Solo tra le braccia di Andrés sono di nuovo a casa.
(I.P.)